(i miei endecasillabi per i bambini dell’Oncologico che più non sono)
Chissà cosa troverò oltre le nubi
gabbianelli nei giri di capriole
la giocheria di mille metri cubi
scivoli di luna, un fiocco di sole.
Montagne russe sospese nel vento
un’altalena con vista sul mondo:
su, dentro i sentieri del firmamento
e poi giù a picco in un nanosecondo.
“Strega comanda colori”, urlerò
agli amichetti sull’arcobaleno
e tutti via ad un giallo di falò
o luce bianca latte, od ocra fieno.
Griderò “ce l’hai” al cherubino biondo
lui che scarnito nella corsia accanto
geografia studiava sul mappamondo,
la vita a sfilarglisi come un guanto.
Così in un saluto di minute ali
planerà da un altro di eguale età
lieti tutti, dimentichi dei mali
che già ci imposero l’infermità.
Sarà poi la volta del nascondino
io dietro un baobab di cotone rosa
e, nell’attesa, tornerò bambino
il solo impegno tener quella posa.
All’ombra del tempo rivedrò il tutto:
il laccio della chemio sul braccino
la nenia di papà, la chiesa a lutto
l’acero a sigillare il mio destino.
Riudirò solo il sussurro materno
il commiato rimasto nello sguardo
il sibilo di penna sul quaderno:
“arriverò anch’io, un po’ in ritardo”.