(Gorizia 1952)
Fatto di grezzo legno il pavimento,
pien di scaffali un piccolo negozio,
dietro un bancone riposava in ozio
una vegliarda, mano sotto il mento.
Nell’aria odor di libri si spandeva,
da fruste copertine ricoperti,
mi conquistavan quando, appena aperti,
scoprir d’autori ignoti m’accadeva.
S’alzava dalla panca quella vecchia
dalla figura segaligna ed alta
che nera veste il portamento esalta,
mentre veletta le copria l’orecchia.
Dell’Austria imperiale avea ricordo,
Franz Jospeh permaneva nel suo cuore,
ma ai libri usati dava tanto amore
e personaggio fu ch’io ancor non scordo.
Da quella botteguccia mi partivo
con Dostoevskij amato sotto braccio,
di Pirandello, ahimè, ridotto a straccio,
con Ibsen, Poe e d’altri mi nutrivo.
Fu proprio quella donna affascinante
che in me trasmise tutta la passione
per la letteratura e l’emozione
oggi perdura ancora ed è appagante.
Son ritornato un giorno in quel pertugio,
plastica e vetri, è sorta una vetrina,
in bella mostra c’è una mutandina,
e reggiseni e calze fan gran sfoggio.
Ma quell’odor di carta e di cultura
mi resta dentro e grande nostalgia
m’assale quando penso a quella via
ch’amai in prima età d’amor che dura.