Iniziava la primavera e, spalancate le finestre, mi accingevo alle pulizie generali con rinnovato entusiasmo.
Toglievo tranquillamente la polvere dalla mensola del camino nella vecchia cucina dei nonni, adibita a ripostiglio, quando l’occhio capitò su un foglio appeso alla cappa, scritto in bella calligrafia, in chiaro scuro come si usava anni addietro, con pennino e inchiostro di calamaio. Erano brevi versi di Giacomo Leopardi: -… Qui non è cosa/ eh’ io vegga o senta, onde un’immagin dentro/ non torni, e un dolce rimembrar non sorga-.
E fu così che l’onda dei ricordi incominciò a risalire impetuosa e dolce insieme, emozionante come mai.
Quel foglietto era stato scritto ed esposto dallo zio. quando era tornato a sistemare la casa dopo la scomparsa dei nonni e la commozione dei ricordi l’aveva assalito, ancor più viva della mia, perchè lì era vissuto tanti anni, con tutta la sua famiglia, fino alla giovinezza. Ed è stato anche gratificante cogliere pensieri di poesia tanto adeguati, sentili e belli, che ci accomunavano in grande silenziosa sintonia, come fiaccola su un rustico camino, dove si accendeva il ceppo e si cucinava polenta nel paiolo. dove la nonna malferma passava le dita sulla corona del rosario e si scaldava piedi e ginocchia (già protetti da una calda coperta di lana) e diveniva prodiga di fiabe con fiato lento, di raccomandazioni con più fervore, e di silenzi.
Così ho rivisto le mie ore, il mio tempo passato a trovare i miei cari, le persone muoversi nei loro atteggiamenti caratteristici come allacciarsi un grembiale, lucidarsi gli occhiali, e nei timbri delle loro voci con un garbo e anche uno sgarbo, fermarsi a giocare ogni tanto con me, arrabattarsi in faccende diverse, arrabbiarsi per i lavori del campo. Ho ritrovato i momenti in cui venivano il medico in visita, ed era spesso, le cugine della zia che volevano sempre aver ragione, e quando il nonno fingeva di perdere le caramelle dalla tasca ( un vero attore! ). Mi è ricomparso l’angolo dove mi confinavano con la seggiolina rossa per farmi stare buona, con una bambola di pezza da pettinare, o con l’album delle noiose cornicette da colorare… E le sensazioni si facevano palpabili, persino gli odori e gli aromi si risvegliavano, dalle crepe delle pareti, dai mobili tormentati dai tarli. Altri, irriconoscibili ma noti, sembravano dispersi e sospesi negli spazi vuoti.
E quelle brevi tracce d’inchiostro, su un foglietto che sembrava insignificante, sono divenute veicolo semplice e prezioso di messaggi, echi di un passato che ritornava ad inondarti e ad avvolgerti di energia e di affetti buoni, nei luoghi dove avevi imparato, ed ora riprendi, le prime importanti lezioni di relazione e di vita. E non sempre riesci a superarne gli esami.
Bastano poche righe
di Maria Grazia Frassi di Rebecco d’Adda