La primavera è matura. Il cielo, di un azzurro intenso, abbraccia la chioma degli alberi, creando un gradevole contrasto. Sui prati, disordinate macchie di colore interrompono la monotonia di quella distesa verde. Le rose nei giardini si aprono alla vita, un vento leggero proveniente da Sud riempie i polmoni e rende leggeri i pensieri.
Il sole è un signore gentile. Filtra dalle persiane, agitando il pulviscolo che attraversa silente la sua luce. La voce che arriva alle mie spalle è come un sasso che infrange una lastra di cristallo e mi riporta al quotidiano.
“Cosa fa quel mongoloide? Bacia l’aria?”
“No Dottore, crede che il suo giardino sia incantato: manda baci al cielo, convinto che arrivino a Dio”
“Qualcuno dovrebbe digli che Dio non esiste e se esiste si diverte, altrimenti che senso avrebbe far vivere uno ridotto così? Mi fa schifo, è da tempo che sento dire che deve morire, ma è ancora lì”
Posa la tazzina del caffè, prende la mazzetta dei quotidiani e se la infila sotto il braccio; dà un’occhiata allo specchio, guarda come sta nel suo vestito da tremila euro, prende la ventiquattrore ed esce, il suo autista lo sta aspettando.
Il Dottore è il mio datore di lavoro, lui userebbe il termine padrone perché anche le persone, se pagate da lui, diventano automaticamente di sua proprietà. Ha più soldi di quanti ne potrebbe spendere in un paio di vite. Ogni sua azione è finalizzata al guadagno.
Ha cinquant’anni, due figli riconosciuti e un numero imprecisato dispersi per il mondo. Una moglie per contratto e giovani accompagnatrici che cambia ogni sei mesi. Il Dottore non crede a nulla, se non a sé stesso.
Esce a cena solo con Direttori di banca, personalità, politici, non importa di quale partito, tutto può servire a raggiungere il suo scopo.
Frequenta anche il clero, ma solo Vescovi o Cardinali; i preti, come ama ripetere ridendo sguaiatamente sono per i poveri.
Ha un sorriso per tutti, finto come i suoi denti di porcellana e una stretta di mano forte e vigorosa, quasi gli importasse davvero chi gli sta di fronte.
Gli piace ammirarsi e sentirsi ammirato, meschino nell’anima e nei pensieri.
Il Dottore, ogni giorno, prende il caffè sul portico della villa, con lo sguardo rivolto al suo confinante.
Il “mongoloide” come lo chiama lui, è il figlio del suo vicino di casa, che si è dissanguato per dare un futuro, il più comodo possibile, al ragazzo. Adesso che la primavera sta cedendo velocemente il passo all’estate, il ragazzo è spesso in giardino, si ripara dal sole sotto un grande albero; il padre ha piantato rose ovunque e fiori dai colori intensissimi, alternate a girandole variopinte, che si muovono allegre al soffiare del vento.
Un giardino incantato, un posto perfetto. Un luogo dove si possono cullare dei sogni, aspettando senza paura la sera.
Al ragazzo hanno spiegato, che da quel luogo tutto è possibile, anche parlare con Dio che lo guarda e gli vuole bene. Lui è felice di sentirsi raccontare tutti i giorni la stessa storia e manda baci al cielo.
Il Dottore, quando lo vede, resta a fissarlo, sorseggiando il suo caffè, per poi scuotere la testa o esternare il suo disappunto ad alta voce. Io assisto in silenzio.
Sono il capo della servitù, il mio parere non conta niente e nemmeno è richiesto. Custodisco le confidenze che mi vengono fatte e la mia discrezione è ben retribuita. Anch’io ho una famiglia e devo pur vivere.
A volte mi sento un vigliacco e in alcuni momenti, ho dovuto mordermi la lingua per non rispondere ai suoi commenti.
Il Dottore non sa che io conosco la famiglia del ragazzo. Sono persone splendide, dotate di grande umanità. Mi hanno raccontato tutto del loro ragazzo, che nonostante le difficili prove e il poco tempo da vivere che gli è rimasto, è sereno.
Ultimamente ha imparato a pregare, ripete le preghiere come fossero una nenia, non so se ne comprende appieno il senso, ma quando ha finito è rilassato, felice e si abbandona ai suoi sogni in quel minuscolo giardino, quelli che il Dottore ha perso o venduto.
Non ho mai capito in verità perché il Dottore lo odi così tanto. Ci ho pensato spesso. Sono giunto alla conclusione che in realtà la sua sia solo invidia. Perché quella vita fatta di limitazioni è addolcita e resa degna di essere vissuta grazie a un sentimento che non si può comprare. Un sentimento così forte da rendere un giardino un luogo incantato, come quello di una fiaba, reso bellissimo dallo sforzo di un padre e di un bacio al giorno affidato al vento.
Questo sentimento di rabbia e odio, si è fatto più forte ultimamente. Al Dottore hanno diagnosticato un cancro, uno di quelli che non lasciano spazio a illusioni e nonostante i consulti con i migliori specialisti al mondo, sa di non avere molto tempo. Finge una quotidianità che gli sta sfuggendo.
Nonostante le medicine, comincia a sentire dolori che con il passare del tempo, sono sempre più forti e frequenti.
Non penso sia una punizione Divina, se devo essere sincero, nemmeno io sono poi così sicuro che Dio esista. Solo che il destino ha deciso così.
Probabilmente nel giro di un anno o meno, cancellerà da questo mondo due persone diversissime tra loro. Oggi ho chiesto al mio padrone, se avesse firmato quella lettera di raccomandazioni, devo pensare al futuro. In altri momenti avrebbe plaudito a questa mia iniziativa con cinica soddisfazione. Invece mi ha guardato severo, mi ha risposto di sì con un cenno, e non ha detto altro. Poi appena sono uscito dalla sua stanza da letto, l’ho sentito urlare di rabbia.
La cosa non mi ha scosso e ho continuato il mio lavoro.
È un vero peccato che oggi il dolore sia così forte e non si sia potuto alzare.
C’è uno splendido sole e gli uccellini sembra che si siano riuniti sull’albero di fronte per dare un concerto. Se fosse riuscito ad alzarsi, gli avrei servito il caffè, e avrebbe potuto guardare il giardino “dei sogni” di fronte al portico della sua maestosa villa.
Il ragazzo è sempre lì, seduto sulla carrozzina con una coperta sulle gambe, perché per lui è sempre troppo freddo, con la testa reclinata e un tenero sorriso.
So che le sue condizioni sono peggiorate ancora.
Ha i suoi genitori seduti vicino. Non posso sentire cosa gli stanno dicendo.
Ma posso vedere la sua mano che si leva in segno di saluto.
Anche oggi, manda baci al cielo mentre le rose ondeggiano al vento leggero spargendo tutto intorno un intenso profumo. Qualcosa mi stringe il cuore e faccio fatica a distogliere lo sguardo da quel ritaglio di mondo.
Mi piace pensare che su di loro ci sia davvero lo sguardo di Dio.