Il mio amico Snoopy dice sempre: “La felicità è dentro di noi, ma siamo pieni di spifferi”.
Solitamente non rifletto tanto sulle parole degli altri e percorro le ali della vita così come viene, con giornate passate tra un sonno e un pasto.
Un colpo. Due. Tre.
Chiudo gli occhi e scappo via.
Corro in queste campagne sempre più sconosciute, desolate e abbandonate.
Mi manca il respiro, il fiato si fa corto e mi accascio sotto le fronde di questo splendido albero, grande e gocciolante di quella leggera pioggia di fine estate, che bagna ma non lava.
La paura non allenta la presa e rimango in allerta, spaventato ancora dai sinistri rumori del bosco alle mie spalle. Mi guardo un po’ in giro e riconosco quello che è sicuramente un gatto: due fari accesi nel buio e delle incredibili corse nel prato sottostante.
D’improvviso, la pioggerellina si trasforma in un temporale vero e proprio, come non si vedeva da tanto tempo: stanco ed impaurito, trovo rifugio in una vecchia capanna semidistrutta da una frana.
Passa poco e mi addormento, mentre l’arido terreno beve avidamente l’acqua tanto agognata per mesi: di notte, mi sembra quasi di sentirlo respirare, mi sembra quasi di sentirlo festeggiare.
Risvegliato dalle prime luci dell’alba, capisco che sono veramente lontano da casa, in una zona che non conosco e con la paura di non rivedere più chi amo davvero.
Inizio a passeggiare e piano piano il vociare, il traffico e il rumore hanno il sopravvento: ricevo solo sguardi storti, occhiatacce che percuotono il mio cuore come un tamburo.
Continuo a camminare, questa volta a testa bassa e, con non poca fatica, esco da quel bellissimo paese con gente strana.
La natura inizia a riprendersi i suoi spazi e le strade diventano sentieri, i fiori splendono alla luce di questo caldo sole di fine Settembre, mentre i colori dipingono il paesaggio come se fosse primavera.
Invece, sono i primi giorni di autunno.
I bambini, dopo un’estate in allegria, tornano sui banchi e i loro genitori continuano a ripetere: “Studia!”
Ma servirà?
Le stagioni corrono, cambiano come schegge impazzite.
Non facciamo nemmeno in tempo a respirare e a tuffarci nella neve, che subito ritorniamo a boccheggiare, mentre nei fiumi i cinghiali corrono liberi e sembrano quei salmoni che nelle pubblicità saltano felici.
Ricordo ancora, a inizio estate, la vacanza lontano da casa: tutti insieme a rinfrescarci in un laghetto dipinto da Monet con i riflessi del sole sul fondale trasparente.
Corse, tuffi e grida di felicità.
Risate a crepapelle e giochi con la palla: quelle giornate che finiscono subito, neanche il tempo di salutare le nuvole e accogliere le stelle.
Sembrano passati secoli.
I pensieri viaggiano a velocità supersoniche, lasciandomi con l’amaro in bocca e col cuore in gola.
Intanto, dopo chilometri e chilometri, ormai è quasi sera e mi avvicino alla cresta della montagna: le mie lacrime silenziose si perdono nel vento, mentre il panorama mozza letteralmente il fiato.
Il mare accoglie la terra, la abbraccia come farebbe un genitore con suo figlio, mentre il sole si sta lentamente addormentando cullato dalle onde.
Peccato che non ci sia nessuno qua con me a vedere tutto ciò: la luce intensa del tramonto si spegne e nutre il sonno, arrivato prima del previsto.
Per fortuna non piove, anche se un vento fastidioso ed inquietante, mi sveglia più volte di soprassalto.
Mi accorgo che il cielo è nero ma pieno di stelle e, all’orizzonte, mi sembra di vedere una cometa che, quasi, mi indica la strada.
Forse non sono così solo.
Vorrei che fosse un incubo e risvegliarmi domattina al caldo, stretto al cuore di chi amo e poter rivivere anche solo una carezza.
Rinfrancato da un sonno ristoratore, apro lentamente i miei occhi color nocciola: non è ancora l’alba, e il sole, lo vedo, si sta sgranchendo le braccia, anche lui assonnato.
Ma è il suo mestiere: dare luce e speranza a un mondo fin troppo buio.
C’è bisogno di lui come del pane a tavola.
… Il pane…
Cosa darei per mangiarne solo un pezzo. Solo uno. Lo giuro.
Inizio a scendere verso valle, ma un piccolo e fitto castagneto mi fa tornare quasi al buio: i suoi frutti e i ricci sono sparsi sul terreno ancora umido per le piogge dell’altra notte.
Inizio, così, uno slalom gigante per evitarli.
Il sole si fa spazio in mezzo ai rami e, uscito dal bosco, mi fermo ad osservare il cielo:
le poche nuvole rimaste scappano via, trascinate da folate di vento fortissime, quelle che, quando sono a casa, fanno sbattere porte e finestre.
Davanti a me, in lontananza, ancora e sempre il mare.
Ripenso, malinconico, a quante volte mi sono fermato a guardarlo in silenzio e a quante volte ancora mi ha abbracciato con le sue onde, dolcissimo ed eterno movimento.
Continuo il sentiero, adesso sempre più ripido e in una delle tante frazioni della zona, attaccata a un lampione, riconosco la mia foto: leggo l’annuncio e quelle parole piene di preoccupazione mi fanno sentire anche un po’ in colpa.
Mi stanno cercando e sento che loro non possono essere lontani.
Poi, riguardo la foto: sono venuto proprio bene!
La paura inizia a sciogliersi e finalmente i ricordi e i profumi tornano nitidi e forti: il sentiero mi porta all’ingresso di un piccolo campetto pieno di erbacce, dove ho giocato con i miei padroni qualche tempo fa.
Facevo il portiere e loro gli attaccanti: alla fine, vincevo sempre io.
Mi chiamo Peter Pan e come c’è scritto su quel foglio, sono un Border Collie, scappato via lontano da quei fuochi d’artificio che tante persone amano.
Ho le orecchie grandi come antenne e gli occhi color nocciola, profondi, dolci e sospettosi.
Si, perché io delle persone che non conosco, non mi fido.
Continuo la discesa, il profumo del mare inizia ad essere inebriante, perché so che ormai ci siamo: la casa dei miei padroni è proprio quella rossa laggiù, circondata da un grande giardino, nel quale giochiamo a palla o a nascondino.
D’improvviso dietro una piccola curva, li vedo: c’è tutta la mia famiglia che mi sta cercando.
Inizio a correre.
Caro Snoopy, oggi ho pensato per la prima volta alle tue parole: ci sono momenti della vita che sono così pieni, così colmi di gioia che gli spifferi rimangono fuori, portati via, per esempio, da quel vento fortissimo di stamattina che ha cancellato le ultime nuvole e colorato il cielo di azzurro.
Attimi, secondi, minuti in cui la felicità ci travolge e ci sorprende come un tramonto rosso fuoco dopo un temporale.
E poi, magari, basta seguire una cometa per essere felici.