Era una lavatrice ma in quella casa tutti la chiamavano Bice. Il suo motto era: “I panni sporchi si lavano in famiglia”. Era un tipo quadrato e s’innervosiva solo in presenza dello sporco, alla sua vista andava subito su di giri e si metteva a centrifugare esclamando: “A me lo sporco fa girare le …eliche”.
Quando era giovane aveva dovuto sgobbare parecchio per via del padrone di casa che faceva il meccanico. Ogni giorno lui rincasava con gli abiti unti di grasso nero e il popolo degli elettrodomestici subito a spettegolare: “Ehi avete sentito! Bice fa del lavoro nero”. Il peggio venne quando in quella casa atterrò per sbaglio una cicogna e scaricò due gemelli che, oltre al resto avevano in comune anche una piccola disfunzione, la diarrea. Ogni giorno Bice era sommersa da mutandine puzzolenti e dopo qualche settimana di questa vita, in un momento di sconforto si sfogò gridando: “Il mio è proprio un lavoro di merda”.
Era da poco arrivata in quella casa e ci fu subito un malinteso con il lavandino a cui era legata non sentimentalmente ma, per motivi di lavoro, dal tubo di scarico. Il lavandino si chiamava Rodolfo e si era montato la testa credendo di essere un grande amatore come il suo omonimo Rodolfo Lavandino. Quando alla fine si rese conto che con Bice aveva fatto solo un buco nell’ acqua, si chiuse in se stesso e da quel momento non si scaricò più.
Il padrone di casa appena si accorse della stitichezza del lavandino, andò a comprare il Niagara, una sorta di purga liquida, che versata nell’acqua stagnante effettuò subito la normalizzazione del…tubo. Dopo la purga il lavandino si mise l’anima in pace anche perché si accorse che le attenzioni di Bice erano rivolte verso un suo pari, un elettrodomestico come lei, il frigorifero.
La prima volta che lo vide, Bice se ne innamorò subito. Era bello, alto ed elegante, indossava per l’occasione un cappotto di polistirolo bianco. Quando se lo tolse, il vero tocco di classe glielo conferivano quelle tre stellette incorniciate sul petto proprio come un generale di corpo d’armata.
Bice cercò di farsi notare sculett… pardon, ancheggiando mentre centrifugava, ma non ci fu niente da fare lui era proprio un tipo freddo, anzi di ghiaccio.
Dopo diversi corteggiamenti, un giorno Bice pensò di avercela fatta. Fin dal mattino, lo aveva implorato: “Ma insomma cos’ ho io che non va, sono amante della pulizia, ho una bella linea e poi, detto tra noi, sono molto passionale, quando vado su di giri non mi ferma più nessuno e sono sicura che se ci mettessimo insieme, ti darei una nidiata di frullatori”.
Ad un certo punto notò con gioia che il frigo era tutto intento ad ascoltarla a bocca aperta… cioè con la portiera spalancata e stava addirittura cominciando a piangere con copiose lacrime. Bice soddisfatta pensò: “Finalmente ce l’ho fatta, sono riuscito a scioglierlo dalla sua freddezza e si è talmente commosso che sta addirittura piangendo”. Purtroppo aveva frainteso, quelle del frigo non erano lacrime ma gocce d’acqua, in effetti si stava sciogliendo ma non come pensava Bice. Se ne accorse quando la padrona di casa rivolgendosi al marito disse: “Caro! Per favore dai un’occhiata al frigo che lo sto facendo sbrinare”.
Bice ritornò bruscamente alla triste realtà e si rese definitivamente conto che purtroppo tra loro due non avrebbe mai potuto esserci nulla. Forse era scritto nel destino che lei sarebbe dovuto rimanere, fino alla morte, candida ed immacolata come le lenzuola che stava lavando.
Era triste e di pessimo umore per la delusione quando un spavaldo blazer rosso entrò dall’oblò e le chiese: “Ehi! Pupa che programma hai stasera?”. Lei diede un’ occhiata distratta al timer e rispose: “Una centrifugata con capi di lana” “Non chiedevo di meglio, dai attacca” disse lui.
Lei – E’ inutile che ci provi, sei troppo sintetico per i miei gusti
Lui – Come ti permetti! Sono lana al cento per cento
Lei – Ahi! Ahi! Attento che adesso stai diventando acrilico, a me invece piacciono i tipi dolci come i maglioni alla dolce vita
Non era affatto vero, a Bice piaceva quel tipo sfrontato, scollato e anche un po’ arrogante, ma proprio mentre ci stava facendo su un pensierino partì la centrifuga. Ebbe solo il tempo di guardarlo negli occhielli, poi furono presi da un vortice di passione simile ad un mare in tempesta. Quei momenti assai emozionanti furono vissuti intensamente da entrambi. Quando la centrifuga si fermò e tornò la calma, lui si ritrovò come Fantozzi davanti al capufficio, con le braccia annodate.
Dopo un attimo di intontimento tornò alla realtà, si stiracchiò, controllò se aveva ancora tutti i bottoni di perla che gli aveva regalato una suora, o meglio una madre (Madre Perla) e si apprestò ad uscire. Prima di andarsene guardò Bice con gli occhielli sorridenti, e con spavalderia esclamò: “Ciao piccola, non so quando ma prima o poi tornerò a trovarti!”, lei con dolcezza rispose: “Troverai lo sportello sempre aperto”.